Giovanna Garbuio

Empatia cos’è?

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Empatia

Una delle definizioni più conosciute di “empatia” è “mettersi nei panni degli altri”. Ma andiamo per ordine.

L’empatia in psicologia è vista come la capacità di riuscire velocemente a comprendere, come se lo stessimo vivendo direttamente, lo stato d’animo che genera la situazione che sta seprimentando un altro individuo, senza però farci eccessivamente coinvolgere emotivamente, quindi mantenedo un forte controllo di noi stessi e una efficace lucidità.

Secondo Wikipwdia:

“L’empatia è la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui, ovvero di “mettersi nei panni dell’altro“. In campo medico il concetto è sempre stato ritenuto di carattere esclusivamente psicologico, fino a quando un’equipe dell’Università di Parma ha scoperto l’esistenza dei neuroni specchio presenti nel cervello dell’uomo ed altri animali, che funzionano da organo biologico di funzioni empatiche”.

Wikipedia
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Empatia

Non è una dote da supereroi

Tutti noi conosciamo qualcuno che naturalmente, senza sforzo, è in grado di capire le persone al volo e riesce ad individuarne facilmente i bisogni. Sono persone rare e bellissime. Tuttavia queste persone non sono dotate di facoltà soprannaturali, o extraterrestri. Hanno semplicemente sviluppato (più o meno consapevolmente) una caratteristica estremamente umana: l’empatia appunto!

La predisposizione a “indossare le scrpe degli altri” o empatia, pur essendo una caratteristica umanissima, che anzi contraddistingue l’essere umano e lo rendeancor più “umano”, risulta essere una dote piuttosto rara in questo specifico spazio/tempo. Tuttavia rimane una qualità estremamente importante e preziosa. L’empatia però non prevede l’appropriarsi della sofferenza dell’altro. Altra cosa è comprendere la sofferenza altrui.

Cos’è l’empatia?

Questa domanda è lo spunto di partenza di Helen Riess, psichiatra, professoressa associata di Psichiatria alla Harvard Medical School e direttrice dell’Empathy and Relational Science Program del Massachusetts General Hospital, per il suo famoso TEDx.

La sua risposta a questa domanda prende il via da un aneddoto che la professoressa condivide:

Si trovava per lavoro a bordo di un aereo di linea all’interno del quale un bambino ha iniziato a piangere e strepitare facendo un gran baccano. La dottoressa Riess dal suo posto ha osservato la scena e ha colto da parte degli altri viaggiatori delle reazioni molto differenti riguardo al rumore e alla confusione della situazione che si era venuta a realizzare a bordo.

  • Qualcuno ha rivolto uno sguardo comprensivo ai genitori del piccino
  • Qualcuno appariva molto infastidito e scocciato
  • Qualcuno ha cercato di cambiare posto allontanandosi il più possibile dalla fonte degli strepiti
  • Qualcuno dava dei suggerimenti ai malcapitati genitori
  • Un bambino di tre anni si è alzato dal suo posto e si è diretto verso il bambino urlante porgendogli il proprio ciuccio.

Helen Riess, sostiene che quest’ultimo bambino avava provato l’angoscia del neonato. Questa è l’essenza dell’empatia.

La dottoressa dichiara che empatia non significa solo mettersi nelle scarpe degli altri e cercare di comprenderne i comportamenti, empatia è fare una passeggiata in quelle scarpe per sapere cosa significa e riconoscere quei comportamenti.

Prima di giudicare qualcuno, cammina per 3 lune nei suoi mocassini

recita un noto detto Sioux
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Empatia

E’ diversa dalla compassione!

Etimologicamente il vocabolo “empatia” deriva dal greco ἐν (en), “in”, “dentro”, e πάθεια (pateia), dalla radice παθ (pat) del verbo πάσχω (pasco), che significa “soffro, sento”. Quindi empatia letteralmente significa “sentire dentro

Questo però non significa che soffrire per qualcuno, compiangerne la situazione, stare male per e con lui sia empatia. L’analisi etimologica ci mostra che il significato è “dentro la sofferenza“, “soffrire da dentro“, cioè camminare nelle scarpe di un altro, comprendere e sapere cosa prova e perchè. Questo non significa essere necessariamente coinvolti e stravolti dalla medesima sofferenza. Soffrire con e per gli altri per quanto comprensibile e umano, non è mai efficace o utile.

Della profonda differenza tra compassione e empatia ce ne parla la dottoressa Brené Brown, docente di ricerca presso l’Università di Houston.

L’empatia è una scelta ed è una scelta vulnerabile, perché per entrare in contatto con te devo entrare in contatto con qualcosa dentro di me che conosce questi sentimenti.

Brené Brown

Riuscire ad entrare in empatia con qualcun’altro prevede una partecipazione completa attraverso l’immedesimazione e per fare questo dobbiamo fare un profondo viaggio dentro di noi. Perchè solo riconoscendo i nostri meccanismi possiamo riuscire a comprendere quelli altrui.

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Empatia

Come mettere in atto l’empatia

Normalmente quando ci troviamo di fronte a qualcuno che soffre e che vogliamo aiutare, il nostro atteggiamento parte dalla valutazione (spesso automatica) esteriore della sua situazione, valutazione che purtroppo spesso si trasforma anche in giudizio. E da lì esterniamo il nostro appoggio, spesso attraverso frasi consolatorie o paragoni (giudizio) con noi stessi.

Tuttavia quando qualcuno soffre davvero l’ultima cosa di cui ha bisogno è di parole di circostanza, di sapere che ci sono situazioni peggiori, o di essere edotto di come siamo stati bravi noi a uscire da situazioni simili, che probabilmente in realtà da un punto di vista energetico ed emozionale hanno ben poco di simile. Non è suggerendo il pensiero positivo che saremo di aiuto ai nostri amici in difficoltà.

Innanzitutto, la prima cosa su cui riflettere è il fatto che una dote vera non è mai automatica, ma è frutto invece di una decisone e di un comportamento consapevoli. Una dote, una qualità messa in azione, è sempre frutto di presenza, di attenzione, di coscienza di sé e di osservazione distaccata dell’altro.

Aloha – In Lak’Ech – Empatia

L’empatia intesa come dote, come qualità comportamentale, non può quindi essere un comportamento automatico deivante da un giudizio o peggio da un confronto. L’empatia come abbiamo visto è la capacità di abbracciare consapevolmente il sentire di un altro: “Ti sento perchè mi sento, ti riconosco perchè mi conosco“.

Emozioni quali rabbia, frustrazione, ansia, preoccupazione non riguardano l’empatia che è, come detto, un’azione di espansione, diversamente da queste emozioni che sono il sintomo della contrazione della coscienza su se stessa.

L’empatia presuppone una consapevolezza contemporanea di sè e dell’altro, senza peraltro confonderli. Il nostro sentire interiore e quello esteriore devono essere chiari e inconfondibili, ma soprattutto indipendenti. Non possiamo confonderci negli altri e non possiamo interpretare il loro sentire attraverso i bisogni del nostro.

Se la situazione del nostro interlocutore aggancia nostre ferite o bisogni procurandoci sofferenza personale siamo decisamente fuori strada. Questa non è empatia. Questo è un riflettere le nostre ferite nelle sofferenze degli altri, questo è un modo per alleviare la nostra pena condividendola per confronto. In questo modo stiamo vivendo la nostra sofferenza non certo alleviando quella degli altri.

Il bisogno di aiutare gli altri, quando è appunto un bisogno, è un riflesso di ferite nostre irrisolte (memoria) e non è di utilità per nessuno. Quando questo accade chi ha sicuramente bisogno di aiuto simo noi e quindi non siamo certo in grado di aiutare qualcun’altro da una prospettiva di questo tipo. La cosa più probabile è che gonfiamo il bilancio dei danni globali, più che aiutare qualcuno.

Empatia è esserci

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Empatia

Le persone che soffrono non hanno bisogno delle nostre parole, dei nostri ragionamenti, dei nostri confronti, hanno bisogno del nostro esserci.

Raramente una risposta può migliorare le cose, ma può farlo la connessione

Brené Brown

Ciò che è utile è stare lì! Stare con chi soffre, riconoscere la sofferenza, accoglierla e accettarla, non trovare parlando e analizzando una possibile via di fuga del tutto teorica. Questa fase verrà eventualmente dopo. La persona che soffre ha bisogno di essere compresa da qualcuno che è disposto a stare lì con quella sofferenza e a riconoscerla come tale, senza sminuirla.

Questo è empatia. E non è una qualità che hai o non hai. Certo c’è chi è più naturalmente predisposto, ma l’empatia è qualcosa che si può imparare ed espandere.

L’ essenza dell’Amore e della compassione è la comprensione, la capacità di riconoscere la sofferenza fisica, materiale e psicologica degli altri, per metterci “dentro la pelle” dell’altro. Noi “entriamo” il loro corpo, i sentimenti e le formazioni mentali, e testimoni per noi stessi la loro sofferenza.

Quindi se vogliamo bene a qualcuno, dovremmo essere in grado di ascoltare. Ascoltando la calma e la comprensione, possiamo alleviare la sofferenza di un’altra persona. Per amare correttamente. e per essere in grado di dare felicità e gioia, devi praticare un profondo sguardo diretto verso l’altra persona che ami.

Perchè se non capisci questa persona, non puoi amare come si deve. La comprensione è l’essenza dell’Amore. Se non riesci a capire, non puoi Amare. Questo è il messaggio del Buddha.

Thich Nhat Hanh

Empatia e Spirito di Aloha

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Empatia

L’empatia non è una dote riservata alla sofferenza. Si può certamente essere empatici anche con la gioia e con la felicità, gioendo insieme a chi è felice. Questo è il puro Spirito di Aloha.

Riuscire ad entrare in empatia con il nostro prossimo prevede l’intenzione di modificare il nostro punto di vista per assumere quello del nostro prossimo, consapevoli di avere a che fare con una persona diversa da noi, con modi diversi, valori diversi, vissuto diverso, con uno spazio interiore diverso in cui si sono sviluppati bisogni, credenze, convinzioni, certezze, paure, intenzioni diversi.

Per farlo dovremo essere disposti a cambiare i nostri bisogni, credenze, convinzioni, certezze, paure, intenzioni e renderli coerenti al punto di vista dell’altro.

Soffrire non è necessario

Ecco perchè è indispensabile modulare il grado di empatia in base alle singole situazioni e alle particolari esigenze della contingenza. Non possiamo permetterci di identificarci completamente con l’altro, perchè così perderemmo di lucidità e presenza e otterremmo solo di essere travolti dal dolore e dalla sofferenza e di non essere di alcuna utilità per nessuno. Soffrire per un altro e basta, non serve a niente, anzi è decisamente controproducente sia energeticamente che materialmente.

Quando trasformiamo la sofferenza degli altri nella nostra sofferenza è perchè in quel frangente non stiamo attivando la nostra coscienza di sé e ci identifichiamo invece completamente con il “leggittimo proprietario” di quella sofferenza. Quando manca la coscienza di sè le nostre ferite entrano in risonanza con il dolore degli altri. Capite quanto è fondamentale conoscere se stessi?

Empatia non significa soffrire per gli altri. Empatia non è proprio per niente soffrire, su nessun livello. Empatia è sentire nel suo significato più puro e libero da influenze di qualsiasi genere. Empatia è sentire libero da ogni nostra energia irrisolta. Empatia non può essere desiderio che gli altri smettano di soffrire per liberare noi dalla sofferenza che proviamo a causa del loro dolore. E’ chiaro questo no? Questo sarebbe interesse personale non empatia e nemmeno compassione.

Empatia è sentire completamente il dolore altrui, ma senza generare sofferenza in noi stessi, perchè il tutto è filtrato dalla coscienza di sè che ci direziona efficacemente e disinteressatamente, perchè empatia è Amore incondizionato veramente.

Empatia è accettazione distaccata ma non disinteressata

L’empatia invece prevede di mantenere il necessario distacco e la necessaria autonomia per affrontare la situazione in modo lucido e quindi efficace. Questo lo possiamo ottenere solo se prima di tutto conosciamo profondamente noi stessi , tanto da gestire il nostro coinvolgimento emotivo senza farci fagocitare, mantenendo salda la nostra capacità di discernimento e di scelta.

E’ indispensabile riconoscere quali sono le reali necessità dell’altro senza farci influenzare dalle nostre e senza farci offuscare la vista dalla nebbia della sofferenza. Per farlo è necessario riuscire a stare con l’emozione dell’altro, mettendo in ultimo piano la nostra emozione. Stare con quell’emozione, accettandola, osservandola e tollerandola preferibilmente in ascolto di ciò che ha da dire il nostro compagno. Lasciamo parlare lui… le nostre parole il più delle volte sono superflue, quando non controproducenti.

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Attributi dell’empatia

L’empatia presuppone la capacità di avvicinarsi sottovoce all’interiorità dell’altro, partendo dalla conoscenza della nostra silenziosa interiorità. L’empatia non può permettersi di alzare la voce. L’empatia è vulnerabile, è disposta a mettersi a nudo con delicatezza e senza prevaricazione, nemmeno mossa dalla buona intenzione. La persona empatica non conosce la situazione dell’altro a priori, perchè non giudica la situazione dall’esterno. L’empatia entra dento e da lì osserva sottovoce e in punta dei piedi. Ma allo stesso tempo non fugge quando la situazione comincia a fare male, ad essere più difficile da tollerare, non usa la via di fuga dello sminuire…

Theresa Wiseman, professoressa, infermiera e ricercatrice sulla salute applicata alla cura del cancro, ha catalogato 4 attributi dell’empatia che risultano essere anche le sue vie di applicazione

  1. La capacità di cambiare prospettiva adottando quella dell’altro
  2. L’assenza di giudizio
  3. Il riconoscimento delle emozioni dell’altra persona
  4. La capacità di comunicazione

L’empatia non è che un aprirsi totalmente all’altro, e sentire l’altro. Ma esistono due tipi di empatia:

1) empatia con identificazione ed attaccamento;

2) empatia senza identificazione ed attaccamento che richiede l’essere presenti a se stessi mentre ci si apre all’altro (la freccia a doppia punta nel nostro lavoro interiore ), non identificandosi però con l’altro, non perdendosi nell’altro, cosa che succede invece con l’empatia con identificazione.

Roberto Potocniak

3 modalità per allenare l’empatia

Empatia

Sulla rivista statunitense di psicologia Psychology Today è apparso un articolo di Ekua Hagan in cui ci vengono forniti 3 efficaci modalità per allenare la nostra capacità di empatia espandendone le potenzialità

1 – Ascoltare più che parlare

Oggi forse più che mai saper ascoltare è diventata una capacità rara e preziosa. Tuttavia è una capacità che si può apprendere e allenare. Tuttavia l’ascolto empatico ha bisogno di qualcosa in più del semplice prestare attenzione alle parole del nostro interlocutore. Secondo Ekua Hagan per avere qualche possibilità di riuscire a “mettersi nelle scarpe di un altro” davvero e comprenderne l’esperienza è indispensabile abbandonare la nostra prospettiva e sposare quella dell’altro. A questo livello solo la coscienza di sè ci permette di mettere in atto un ascolto profondo, libero dal giudizio e dal confronto e quindi dal nostro riflesso.

2 – Leggere vivendo le avventure dei personaggi

Lo psicologo della University of Toronto Keith Oatley sostiene che leggere romanzi e racconti coinvolgenti sia un ottimo allenamento all’empatia. Leggere delle storie avvincenti infatti attiva il meccanismo attraverso il quale il lettore si identifica nel protagonista della storia e così facendo impara a sentire ciò che sente il personaggio. Cominciamo a vedere la realtà attraverso gli occhi del personaggio del romanzo. E’ un modo semplice per imparare a stare nelle scarpe di qualcun altro con tutto ciò che ne consegue sperimentando emozioni e sensazioni che in realtà non ci appartengono.

3 – Coltivare amicizie con persone diverse da noi

E’ risaputo che in campo professionale avere più punti di vista e valutare varie prospettive e visioni è estremamante utile ed efficace per il successo in ogni abito. Questo è vero anche nella quotidianità personale. Valutare diverse prospettive ci permetre di ampliare il nostro raggio di comprensione e ci consente di realizzare scelte più efficaci. Certo frequentare persone che la pensano come noi, che sono in sintonia con noi è molto rassicurante, perchè ci mantiene nella nostra zona di comfort. Ma avere a che fare con chi ha competenze diverse, idee diverse, visioni diverse è certamente più arricchente e utile per ampliare le nostre competenze.

La testimonianza di Anna

Concludo con questa bella testimonianza di vita vissuta che chiarisce ancor meglio il concetto di empatia

Io pensando a mio padre volevo colmare le sue mancanze: vittimismo, depressione, prepotenza, saccenza, aggressivita, narcisismo. Ad un certo punto mettevo le mie vibrazioni di Luce in lui perché pensavo ne avesse bisogno per tranquillizzarsi.
Invece lui si tranquillizzava dopo che aveva fatto la sua parte di prepotente come se quello fosse il suo compito, la sua parte da recitare nel mondo


A parte i miei abbracci che gli facevano piacere, tutto ciò che di me era Luce lo infastidiva… era per lui filosofia spicciola. Invadevo io il suo mondo con la mia saccenza e quando parlavo con gli amici di lui mi raccontavo come vittima del rapporto tra me e lui.
Io giusta, lui che per essere Luce , doveva cambiare.


Pensavo di non reputare mio padre ne male, ne sbaglio, ero buona per la pienezza che provavo nell’amare.


Poi col tempo ho sentito che lui era qui per farmi vedere un ombra mia, io specchiavo in lui la mia ombra. E se prima volevo cambiare lui nel mondo esterno per fare un piacere a lui, mi sono poi resa conto e ho ammesso che se lo volevo cambiare era perché pensavo che il mio modo di vivere e avere relazioni fosse più giusto del suo.


Io pensavo di essere pace , accoglienza, lui no. In quel momento, nell’ammettere che mi vedevo come più giusta più in pace di lui , ho capito tanto.


Avevo la percezione di recitare la parte della buona in un mondo esterno. E la mia recita anche se fatta col cuore era comunque una recita. Nella recita fai l’attore, giochi un ruolo, metti i costumi di scena quindi indossi la maschera. La maschera del ruolo..

Quando invece se avessi guardato nel mio cuore, capendo che anche io avevo una mancanza da colmare dentro di me, avrei ammesso che anche io come mio padre, qui nell’ologramma del mondo dell’illusione, sono venuta a esperenziare caratteristiche mie che non sono ancora divine.

Allora in quel momento nell’ammissione di credermi nel giusto per amare nel giusto mio padre perché lui non era capace, ho lasciato cadere la mia maschera e ho detto :

“ok ora Anna assieme alla tua anima sei qui per insegnare ad amare a te stessa, insegnare ad essere giusta a te stessa, giusta nel reputarti vera e se hai rabbia dirai a tuo padre che ti fa arrabbiare, che la sua presenza a volte ti opprime perché tu devi amare non il mondo esterno, ma la vita stessa dentro di te. Con o senza tuo padre
Mettiti a servizio dell’anima e della fonte e quando sarai con tuo padre saprai cosa fare saprai cosa dire senza finzione, senza giudizio, senza vittimismo, senza il desiderio di non avere più niente a che fare con lui in questa vita , in altre vite e per l’eternità”.

Quindi senza il ruolo della buona anche se vero nel mio cuore, mi sono messa a nudo e sono diventata la mia vera me, la mia vera Luce che se ha da cambiare qualcosa, cambia in lei la percezione sbagliata del mondo, dove pensava che in una relazione esistesse il bene o il male, il giusto o lo sbagliato, inveve esistono 2 esseri, due particelle dell’energia d’amore che sono nell’ologramma del mondo dell’illusione, per capire che sono qui per sentirsi Uno con tutto.


Io e mio padre qui a correggere il nostro modo di amare. Io in un modo lui nell’altro, ma io non ho più la presunzione di cambiarlo perché a guidarlo è la sua anima connessa all’energia d’Amore. Lei sa perché nel viaggio sulla Terra ha inscenato il ruolo di mio padre con tutte le sue mancanze e il suo ruolo è stata una recita spettacolare, continua, incessante, per far capire a me una volta per tutte che io sono qui per me.

Non dedicherò più tempo a salvare lui o altri perché lui ha il suo disegno e io ho il mio.


Nell’oggi sento che il mio disegno, ora, è Amare me dentro e cambiare le mie percezioni sbagliate e percepire il bene e il male come due parti di un unica entità, cioè l’energia d’Amore. Allora vedo amore e crescita dappertutto

Anna

Riempi di gioia la tua vita indossando i colori della gioia

Giovanna Garbuio

Mi chiamo Giovanna Garbuio non mi piace definirmi, ma se proprio lo devo fare direi che sono una libera pensatrice. Sono inciampata nel 2008 su ho'oponopono e l'ho subito identificato come la via per lasciar andare tutte le domande! Sono stata la prima a scrivere qualcosa di strutturato su Ho'oponopono in Italia.  Sono entrata in contatto con la cultura Hawaiana dunque, quando ancora in italiano non c'era letteratura e quella poca che c'era era per lo più fuori stampa e quindi non più disponibile.

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  1. Grazie ,grazie e grazie Giò ,i tuoi articoli gioiosi e profondi mi sono mancati molto , grazie per avere spiegato con chiarezza .leggerezza e con esempi pratici , divertenti e colorati la parola empatia .
    Mi sento , gioiosamente, in empatia con quello che scrivi.
    grazie di cuore !
    Anna Maria

      1. Ogni volta che leggo le tue parole mi arricchisco, sento la mia mente, il mio spirito e la mia anima espandersi.

  2. Comprendere l’altro presuppone una conoscenza profonda di sé stessi.Significa per me aver accettatio e ringraziato i propri limiti costituiti dagli aspetti egoistici che caratterizzano tutti noi, accettato e ringraziato le imperfezioni umane che ci permettono di migliorarci.
    Soltanto dopo questo processo di crescita è facile comprendere l’altro con la consapevolezza che anche lui/lei sta camminando sulla via dell’evoluzione, vivendo le proprie esperienze per entrarne un risultato. Questo è il nostro obiettivo su questo pianeta, obiettivo di Amore! Fino a che l’uomo rimane imprigionato dal proprio egoismo non ci sarà comprensione e neanche empatia per i nostri fratelli! Potranno esserci tentativi di falsa empatia condizionata da aspetti psicologici e sociali, ma la chiave di volta è lavorare sull”egoismo radice di tutti i mali qui sulla terra.

  3. Ciao Gio, bentornata!!! Certo che ho sentito la tua mancanza… *__*
    Questo, per me, è stato un periodo di grande lavoro interiore e, il tuo articolo, è capitato a proposito, come sempre…
    Ho visto e riconosciuto, in me, il corpo di dolore, quindi, quella che credevo essere empatia, era soltanto l’entrare in risonanza con la sofferenza altrui. O, almeno, lo era in molti casi. Questa risonanza mi ha sempre portata a soffrire ancora di più, anziché rendermi presente ed attiva, ora l’ho capito, e ci lavorerò sopra.
    Grazie per tutto carissima, sei sempre preziosa *__*

  4. Articolo top che spiega dettagliatamente una cosa importante nell’ambito della spiritualità e dell’evoluzione personale, e cioè le differenze tra compassione ed empatia e le sfumature tra i vari modi di provare empatia

  5. Grazie infinite Giò per aver trattato con chiarezza e profondità il valore dell’empatia. Personalmente ho sempre ritenuto di essere una persona empatica tuttavia spesso mi sono trovata in difficoltà nel gestire le mie emozioni difronte alla sofferenza altrui soprattutto a quella dei bambini. Questo mi ha spinta a intraprendere un serio lavoro interiore per comprendere meglio me stessa e per crescere in termini di consapevolezza. Entrare nei panni degli altri mi ha inoltre aiutata a vedere le cose da una prospettiva diversa e ad ampliare di conseguenza la mia visione. Certamente quando si ama é più facile provare empatia e sentire l’altro dentro di sé; ciò diventa un’esperienza davvero meravigliosa se vissuta senza giudizio e con gratitudine!!!

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